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Il talento non basta

Il talento non basta

Come orientare il talento?

Spesso sentiamo usare la parola talento come motore orientativo, come punto cardinale delle possibili direzioni verso un futuro di soddisfazione per i nostri figli.

Ci sono due considerazioni per fare in modo che il “seguire il proprio talento” non sia nocivo allo sviluppo dei ragazzi e delle ragazze una volta diventati adulti e quindi professionisti.

1 – IL TALENTO NON BASTA

La prima considerazione che voglio proporvi è l’accezione che le nuove generazioni danno a questa parola, che è fortemente condizionata dagli show televisivi. I “talent” sono costruiti come “palestre” per costruire un/una professionista in base al proprio talento. L’obiettivo di queste trasmissioni è scovare un nuovo chef o un nuovo artista in pochi mesi, preparandolo duramente, mettendolo alla prova sia a livello tecnico che caratteriale per condurlo verso una carriera di successo. Nonostante il duro lavoro e l’opportunità di avere come maestri di questo percorso eccellenze comprovate e riconosciute, pochissimi concorrenti di queste “palestre per futuri professionisti” hanno realmente successo nella carriera professionale dopo la trasmissione.

APPLICAZIONE COSTANTE E CONTINUATIVA

Questo accade perché il talento non è una semplice “bravura innata” nel fare qualcosa, ma la capacità di saper fare qualcosa meglio della media e in maniera costante e continuativa. L’illusione che tramite queste trasmissioni, brevi e concepite prima di tutto per soddisfare il pubblico, si possa arrivare alla realizzazione dei propri obiettivi è il fattore principale che condiziona l’insuccesso delle carriere di chi vi partecipa. Prendiamo ad esempio gli chef stellati. Per quasi tutti loro la carriera è iniziata da giovani, passando dalle 8 alle 10 ore al giorno, sei giorni su sette, a pelare patate, tagliare verdure o a sfilettare centinaia di pesci. Niente a che vedere con gli “invention test” o le “mistery box” del noto format di Sky, che confesso di apprezzare e seguire con passione. Ciò che serve, per diventare un/una apprezzata professionista, prima del talento, è quindi l’umiltà e la determinazione.

Ecco perché quando orientiamo le nuove generazioni dobbiamo sottolineare che il talento non basta, che prima di poterlo trasformare in quel “quid” che fa la differenza, c’è un lungo percorso fatto di sacrifici, impegno e predisposizione all’imparare.

2 – DOVE DIRIGERE IL TALENTO

La seconda considerazione in chiave orientativa è che queste speciali abilità, se non vengono indirizzate verso un settore in cui c’è richiesta, possono essere il filo che incatena ragazzi e ragazze, una volta adulti, ad una vita professionale precaria e poco soddisfacente a lungo termine. Considerate che, nel mondo tecnologico di oggi, le abilità hanno una funzione trasversale, ovvero possono essere utilizzate in campi diversi rispetto a quello naturale o più ovvio: anche alle aziende meccaniche servono creativi capaci di inventare nuove soluzioni a problemi nuovi e alle banche servono figure capaci di relazionarsi ed entrare in empatia con i clienti, per proporre nuovi servizi di consulenza che non hanno a che fare con la matematica.

E QUINDI?

Il consiglio è di non dirigere il proprio talento verso un campo ristretto, ma, prima di scegliere il proprio percorso, valutare come può essere applicato e quindi valore aggiunto, in un ambito o settore professionale in cui ci sono opportunità lavorative e di carriera. Così facendo, quella speciale abilità, diventerà un “plus” che permetterà ai vostri figli di realizzarsi e trovare un lavoro che gli dia soddisfazione e possibilità di crescita.

Per spiegare meglio questo concetto vi riporto l’esempio che usiamo nel nostro format di orientamento  “Orienta Live Show”.

LA STORIA DI MAX, L’ARCHITETTO TALENTUOSO

Max è un mio amico architetto che ha tanto talento e tanta passione. Lui trova la sua soddisfazione progettando, creando e disegnando strutture complesse che devono essere belle, stabili ed efficienti… beh caspita fantastico essere un’archistar!!!! Mmmm…davvero? Vediamo: in Italia si trova il 27% degli architetti di tutta Europa. 160.000 architetti*!!! Considerando che l’Italia è l’unico paese d’Europa dove anche altre due professioni, gli ingegneri civili e i geometri, progettano architetture e si occupano delle trasformazioni del territorio, passiamo ad un totale di 350 mila professionisti*: più di uno ogni 170 abitanti!!! In nessun paese al mondo vi è una simile densità. Ora per quanto talento possa avere il mio amico Max, secondo voi il lavoro lo trova facilmente? No! Ovviamente no!

E come può fare? O convince un italiano su 170 ogni mese a ristrutturare casa, oppure ha poca speranza di rendere la sua passione un lavoro stabile e sicuro. Almeno che… Max non impari ad usare strumenti di progettazione in ambiti tecnologici nuovi, magari per dedicarsi alla progettazione in realtà virtuale. Con una specializzazione in questo ambito le sue competenze e il suo talento di costruttore gli permettono di crearsi un percorso professionale di successo, molto ricercato e ben retribuito.

DESTINAZIONE FINALE DI UN TALENTUOSO ARCHISTAR

Dopo aver provato a fare l’architetto per circa un decennio Max, seppur talentuoso, non è riuscito a farla diventare una professione stabile. Nel 2019, per portare a casa uno stipendio, è diventato anche istruttore di tennis, altra sua grande passione che è diventata la sua fonte principale di sostentamento. Una professione precaria e soprattutto completamente diversa dal suo percorso scolastico, per cui ha impiegato (sprecato?) 12 anni tra liceo e università.

Max non è infelice di fare il maestro di tennis, ma quei dodici anni che ha impiegato a cercare di realizzare il suo sogno, restano per lui un grande rammarico e per me uno spreco di tempo, energie e risorse.

In realtà nessuna delle due scelte è sbagliata, i numeri ci dicono che qualcuno riesce anche ad emergere nel mondo degli studi di architettura, ma sono veramente pochissimi. E poi non è detto che la scelta sia per sempre, perché lo abbiamo capito, tutto nel mondo digitale cambia molto velocemente.

In conclusione, provare a realizzare il proprio obiettivo iniziale è legittimo, sostanzialmente è giusto provarci… ma tenendo gli occhi sempre aperti su altri orizzonti, possibilità e ambiti professionali.

 

 

*fonte: www.impreseedili.it